Forse non tutti sanno che le bellissime immagini catturate dal telescopi spaziali vengono in realtà scattate in bianco e nero per poi essere colorate dagli scienziati.
La cosa mi incuriosiva molto quindi in questo post vedremo quali sono i procedimenti più usati per la colorazione delle immagini spaziali.
In questo articolo vedremo quindi:
- Cos’è la luce
- Come vengono acquisite le immagini dal telescopio per la successiva colorazione
- Colorazione delle immagini spaziali
- I 3 metodi di colorazione utilizzati
- BROADBAND (banda larga)
- NARROWBAND (banda stretta)
- RAPPRESENTATIVE COLORS (colori rappresentativi)
“M16 — Eagle Nebula aka the Pillars of Creation” — Crediti: Princeton University
Nelle immagini che stiamo vedendo abbiamo come esempio una delle fotografia più iconiche della nebulosa N16.
“Pillars of Creation” —Picture Credit: National Air a mnd Space Museum
1. Come funziona la luce
“All the light that we can see.” — Picture Credit: Coleman Lowndes/Vox
La luce mi ha sempre affascinato perché unisce la mia passione amatoriale per l’astronomia a quella per la grafica e la fotografia. Una delle cose più interessanti che abbia mai letto è che l’universo è buio, la luce in se non esiste. Siamo noi che abbiamo degli strumenti per poter interpretare queste onde.
Ok cominciamo
Lo spettro elettromagnetico è l’insieme di tutte le frequenze di ciò che viene definita radiazione elettromagnetica.
Nell’immagine superiore possiamo vedere lo spettro con tutte le frequenze dalle onde radio ai raggi gamma. Ma solo una piccola parte dello schema è visibile all’occhio umano e cioè quella che va dai 400 nm (nanometri) ai 700 nm.
La gamma di colori che riusciamo a percepire viene acquisita da un particolare tipo di cellule presenti nell’occhio umano chiamate coni che interpretano la luce la trasmettono, sotto forma di stimoli, al cervello.
Abbiamo tre tipi di coni che scompongono la gamma cromatica nei tre colori primari della luce: il Rosso il Verde e il Blu. In inglese questo metodo di colore è indicato come RGB: Red Green e Blu. Questo metodo è quello nativo dei sistemi digitali che utilizzano un monitor o una sorgente luminosa come ad esempio: cellulari, videoproiettori, monitor vari ecc.
Se vuoi approfondire il tema dei metodi di colore leggi: Metodi di colore
Una cosa importante da notare nell’immagine che segue è che questi tre colori hanno un posizionamento leggermente differente all’interno della gamma e grazie a questo scostamento sarà possibile trasformare immagini in bianco e nero in immagini a colori.
The three types of color sensitive cones — Picture Credit: Reddit
2. Come vengono acquisite le immagini dello spazio
Il telescopio acquisisce immagini in bianco e nero, abbiamo detto, ma se (qui sto semplificando molto ovviamente), viene applicato un filtro con uno dei tre colori è chiaro che sarà acquisita sempre una immagine monocromatica, ma che avrà le caratteristiche della luminosità presentata da quel colore.
MI SPIEGO MEGLIO: se ti metti davanti aglio occhi un foglio di plastica blu cedrati tutto blu, ma sarai comunque in grado di distinguere gli oggetti tramite le luci e le ombre!
Il telescopio spaziale acquisisce quindi diverse versioni della stessa immagine (cosa molto difficile pensando alla velocità con cui ruota in orbita e molte altre variabili) e le acquisisce tramite l’equivalente dei filtri fotografici di cui abbiamo parlato prima.
Nello schema seguente possiamo vedere come fotosensore acquisisce i pixel di una immagine grazie all’utilizzo dei filtri (o del sistema di rilevazione delle onde luminose). Come si può vedereI pixel acquisiti dal fotosensore per ognuno dei tre canali presentano differenze importanti, ed è grazie a queste che saremo in grado di comporre la nostra immagine.
“A Bayer Color Filter” — Picture Credit: ResearchGate
Se poi vuoi approfondire questo argomento ti consiglio di leggere: come viene creata una immagine digitale.
COME AVVIENE LA COLORAZIONE CON PHOTOSHOP
METODO 1: Colorazione “BROADBAND”
Per fare un esempio ho fatto una simulazione, (in verità ho mandato un whatsapp alla Nasa per chiedere se mi davano le immagini originali acquisite dal telescopio ma non mi hanno risposto, forse sono a pranzo ora non lo hanno ancora visto) e quindi ho ricreato il processo inverso. Dall’immagine a colori ho creato i tre canali corrispondenti al rosso, al verde e al blu.
In pratica le tre immagini acquisite sono simili a queste:
A questo punto con Photoshop queste immagini vengono sostituite ai canali di una immagine RGB andando quindi a dare le corrette informazioni ai pixel rossi, verdi e blu. Sommando queste tre “mappe” di pixel si ottiene quindi una immagine come questa:
A cosa fare attenzione
I colori acquisiti da questo procedimento possono essere simili a quelli potenzialmente percepiti ma è importante capire che nella realtà non può essere veramente così.
Questo è il punto che introduce anche alle ulteriori metodologie di colorazione. In pratica applicare la colorazione ad una immagine secondo un criterio preciso fa’ si che questa immagine diventi in realtà un grafico in grado di mostrare aree ed estensioni di elementi molto importanti per gli astronomi. Basti pensare, come ho detto prima alla possibilità di distinguere le masse gassose dalle zone che ne sono prive.
Nota: il lavoro di colorazione è molto più lungo e complesso di come lo sto mostrando. Questo esempio solo a far capire i concetti generali 😉
METODO 2: Colorazione “NARROWBAND”
Usare la colorazione delle immagini spaziali tramite filtri e canali però non è l’unico modo. I telescopi spaziali sono in grado di acquisire anche flebili tracce di luce da elementi particolari, quali ad esempio i gas come l’ossigeno. Di conseguenza applicano un colore specifico all’immagine acquisita e riescono quindi ad mettere in evidenza, colorandola, una precisa area dell’immagine.
Associando a gas diversi i differenti colori dello spettro si riesce a ottenere una immagine che sicuramente ha i colori sfalsati ma rende con precisione anche la disposizioni dei singoli elementi.
L’immagine mostrata prima dei Pillars è stata acquisita in questo modo. Nella su trasposizione originale in effetti il risultato finale è molto differente perchè l’idrogeno e il sulfuro presentano una vicinanza cromatica mentre l’ossigeno no.
Per questo motivo gli scienziati hanno “forzato” i 3 colori associandoli a red, green e blue. Il risultato è stato meno tecnico ma molto più utile per avere un impatto cromatico importante riuscendo a mostrare il posizionamento dei tre gas.
METODO 3: Colorazione “RAPPRESENTATIVE COLOR”
Con questo sistema è possibile andare a colorare aree delle immagini dello spazio che presentano anche elementi fuori dallo spettro cromatico. Il sistema è relativamente semplice anche se ovviamente la colorazione diviene poi forzata.
Facciamo un esempio: i telescopi spaziali sono in grado di acquisire colori anche al di fuori della gamma cromatica visibile all’occhio umano come i raggi ultravioletti o gli infrarossi. Ma come fare poi a colorarli?
Semplice: bisogna riportare la gamma cromatica all’interno dello spettro, per questo motivo si associa a ogni immagine acquisita uno dei tre canali. Anche qui, lo ripeto, i colori non saranno quelli naturali (perchè comunque non siamo in grado di percepirli), ma saranno fondamentali per comprendere posizione e intensità dei vari elementi.
CREDITI
Oltre a ciò che già sapevo ho parlato della colorazione delle immagini spaziali (lo devo scrivere un’altra volta altrimenti Yoast non mi da il bollino verde 😉 ) grazie a:
https://petapixel.com/2019/08/02/this-is-how-scientists-colorize-hubble-photos-of-deep-space/
https://airandspace.si.edu/multimedia-gallery/pillars-creationjpg
https://vanderbei.princeton.edu/SUTU/index.shtml
https://www.researchgate.net/figure/a-RGB-color-space-b-a-Bayer-Color-Filter-Array_fig2_311422563
and mio cuggino #chedispazionesaunsaccoeavrebbevolutofarel’astronautamanonèstatoraccomandatoquindihannosceltounaltro 😉
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Giacomo Cusano